Arrivano i due grandi vecchi del cabaret milanese, poi dilagato ovunque e oggi riconosciuto come ‘all’italiana’: i grandissimi Cochi e Renato, una coppia che fa ridere da tre generazioni e che incontro davanti a parecchi altri giornalisti. Devono presentare il loro nuovo tour teatrale intitolato ‘Finché c’è la salute’. Hanno entrambi una bella faccia e io chiedo subito se stanno bene. Raccolgono la battuta e sorridono entrambi, dicendo che sì, non c’è male. Poi Renato apre un bustone giallo davanti a sé e tira fuori un bel po’ di CD imbustati, nuovi di zecca. “Li ho prese a spese mie, da regalarvi…” e tutti gli si fanno incontro per prenderne una copia: contiene i brani musiali dello spettacolo, ma gli sketch si vedranno solo dal vivo. Ascolteremo a teatro una bella valangata di gags in cui l’italiano stereotipo d’oggigiorno viene ridicolizzato fino a trasformarsi in un esemplare da proteggere! La presenza di sette musicisti che li accompagnano dal vivo sul palco del Teatro Nuovo dal 23 novembre al 5 dicembre è la ciliegina sulla torta. L’esordio col gesto di generosità lascia tutti col sorriso sulle labbra e l’interesse aumenta. Ecco cosa hanno detto i due divertenti personaggi: non metto alcuna domanda perché, in fondo, con Cochi e Renato si dialoga e si sorride.
Renato - “Finché c’è la salute” contiene una diecina di pezzi molto noti e tre inediti, siamo noi due che cantiamo, con la musica dal vivo dei ‘Goodfella’, i nostri 7 musicisti preferiti. Senza scherzi, finché la salute ce lo permetterà, abbiamo deciso che continueremo a cantare, per tutti, per noi stessi, per vecchi e bambini, per ricchi o poveri e alla fine, se ci viene la tosse, magari dovremo smettere.
Cochi - E’ un modo scaramantico per evitare la fine…
Renato - La gente ci chiede le nostre canzoni più note, come ‘La canzone intelligente’ o ‘La gallina’ e noi le cantiamo volentieri. Questo però è un recital e non è dedicato né alla politica né all’attualità, ma alla vita di tutti i giorni. Debuttiamo in Friuli, a Sarile con l’orchestra, lavoriamo con musicisti bravissimi, giovani e là facciamo le prove davanti al pubblico. Poi il vero debutto sarà a Milano, al Teatro Nuovo, dal 23 novembre fino al 5 dicembre. Quindi proseguiremo in tournée. Avevamo deciso di stare fermi, ma il teatro ci ha pressati e alla fine abbiamo pensato di tornare.
Cochi - Cominciando da Milano, che è sempre nel substrato elle cos. Poi ci sono canzoni proprio in milanese…
Renato - Noi nasciamo a Milano e nelle osterie, dove bazzicavano artisti di tutti i generi, come Lucio Fontana (il pittore dei tagli sulla tela, n.d.r.). Poi fu Tinin Mantegazza a proporci di andare al cabaret, che non sapevamo neppure cosa fosse: era una cantina di via Dante e quelli erano i tempi di Dario Fo, Enzo Jannacci, Felice Andreasi e tanti altri… Da allora sappiamo che non serve un copione. Possiamo cambiare mentre siamo in scena. Se canto ‘La bella bionda’, posso dire quello che mi pare ma tutto, poi, finisce nella canzone, come quella del barbiere, che alla fine si innamora. Noi non facciamo attualità ma vita reale; è quello che ci diverte e che ci distingue nel cabaret da sempre.
Cochi - La nostra caratteristica è il linguaggio surreale, non ci occupiamo di cronaca. Insomma, abbiamo dedicato una canzone a una gallina!. Ci divertiamo ancora e ridiamo assieme.
Renato - Siamo onesti con noi stessi anche quando gli altri non capiscono quello che facciamo. La ricetta per un’amicizia che dura da una vita? Noi facciamo come San Francesco, che si faceva i cazzi suoi. Ognuno ha i suoi amici, la sua famiglia e ci vediamo poco. L’ho invitato per una cena, di recente ed è l’ultima volta che ci siamo visti.
Cochi - Vero. Ho mangiato bene. Lui è un gran cuoco, è stato molto piacevole e ho mangiato non solo la cassoela ma pure un piatto quasi scomparso: la rusticada. Pure suo figlio sa cucinare, e molto bene!
Renato - Dopo 20-25 anni di lontananza ci siamo ritrovati insieme sul palco una diecina di anni fa. Nel frattempo, io ho fatto più cinema e lui teatro e, quando ci siamo riproposti, abbiamo visto che il pubblico ci amava ancora. E’ il nostro linguaggio surreale che piace ancora.
Cochi - E con grande gioia e mia grande sorpresa, abbiamo un pubblico non solo di persone mature ma anche di giovanissimi. C’è perfino un fan club di ragazzini dagli 11 ai 18 anni, che hanno ritrovato i nostri vecchi 45 giri, foto e tante altre cose, dischi originali che forse erano dei loro genitori… Io ho trovato su una bancarella un contratto del 1965, di 45 ani fa voglio dire, per una serata con Enzo Jannacci, Bruno Lauzi, Andreasi e noi, che ci pagavano 3500 lire.
Renato - E dovevamo pagarci da bere, per cui alla fine dovevamo dare noi qualcosa… Comunque sono stati in tanti a sostenerci al nostro debutto e nei primi tempi. Ci venivano a vedere non solo personaggi come Lucio Fontana, che ci adorava ma anche come Dino Buzzati e ci indirizzarono ad andare al Derby. Erano tempi in cui si poteva diventare tutti amici, bastava andare in vacanza a Rimini, io, Cochi, Dario e Jannacci… I primi a convincerci a fare la prima televisione furono Vaime, con Terzoli e Marchesi. Avevamo un contratto rinnovabile ogni 7 giorni, ci potevano mandar via ogni settimana… A quei tempi Maurizio Costanzo scriveva testi per Paolo Villaggio, che ha avuto l’idea di creare una maschera, quella di Fracchia e Fantozzi, che è quasi la stessa persona e che è entrata nella commedia dell’arte italiana, ormai. E’ riconosciuto, no?
Cochi - Noi nei nostri spettacoli non entriamo nei dettagli ma proponiamo un linguaggio che non è quello solito. A noi basta divertire il pubblico. Se abbiamo eredi? Ma, più che eredi trovo che ci sono comici che mi fanno ridere. Ad esempio ho visto Ale e Franz e mi sembrano bravi, come Aldo, Giovanni e Giacomo e altri.
Renato - Io noto che quelli che ci divertono di più, hanno successo, vanno a fare film, la carriera li premia. Ho visto dei giovani su Mtv, ‘I soliti idioti’’, hanno una vena abbastanza insolita. Mi piacciono. La nostra musica, invece resta così per noi. Non dobbiamo rifarla noi, ma un gruppo di ragazzi brasiliani, i Selton lo hanno fatto, hanno rifatto alcune nostre canzoni con nuove sonorità. Parlano spesso di noi e sono bravi. E’ bello così.